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2023: l’anno del risveglio femminista in Italia

Aggiornamento: 24 gen 2024

Da Michela Murgia a Elly Schlein ed Elena Cecchettin: momenti chiave nella lotta al patriarcato


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Il 2023 segna un punto di svolta significativo per il femminismo in Italia. Complici la cultura pop applicata al femminismo, il film di Barbie in cui ogni 3 frasi spunta la parola “patriarcato”, o la giusta indignazione per i femminicidi che da sempre contraddistinguono il nostro Bel Paese, il 2023 è stato un anno di presa di coscienza collettiva. Un anno in cui tutti, dalla Gen Z, ai bommer e alla Gen X, hanno quanto meno udito la parola patriarcato, e l’hanno fatta propria, riflettendo su di essa. 

Quest'anno si distingue per l'ascesa di figure femminili influenti e per la crescente consapevolezza pubblica del patriarcato come problema sistemico. L'elezione di Elly Schlein come segretaria del Partito Democratico e la tragica vicenda dei femminicidi di Giulia Cecchettin e Giulia Tramontano hanno catalizzato una nuova ondata di rabbia e indignazione, spingendo la lotta femminista e i diritti delle donne al centro del dibattito nazionale. La presenza costante del tema del patriarcato nei media principali segnala una svolta nella consapevolezza collettiva, indicando il 2023 come un anno di intensa mobilitazione per i diritti delle donne. 




Elly Schlein: un nuovo volto per la politica italiana


L'elezione di Elly Schlein come segretaria del Partito Democratico rappresenta una svolta significativa nella politica italiana. La sua vittoria, ottenuta grazie al sostegno delle nuove generazioni e dei non iscritti al partito, è simbolo di un cambiamento radicale nel modo di fare politica. Schlein, nota per il suo impegno nel femminismo e nei diritti LGBTQ+, rappresenta una nuova era di leadership politica che si impegna apertamente nella lotta contro il patriarcato e per l'uguaglianza di genere. La sua ascesa è un segnale forte dell'evoluzione dei valori politici in Italia, dimostrando un crescente desiderio di inclusività, parità di genere e rinnovamento. Al di là delle opinioni politiche e del bilancio che ora si può stilare sulla nomina di Schlein, la sua vittoria contro Stefano Bonaccini è stata una scommessa su un modo diverso di fare politica, una scommessa fatta soprattutto dalle nuove generazioni.




La rabbia e l'indignazione come catalizzatori del cambiamento femminista


L'indignazione scaturita dai tragici casi di femminicidio nel 2023 ha avuto un impatto profondo sulla società italiana. Questi eventi hanno scatenato un'ondata di rabbia e hanno reso impossibile ignorare le gravi questioni di violenza di genere e di disparità che le donne affrontano quotidianamente. Questa mobilitazione non è rimasta confinata ai social media o alle conversazioni di breve termine; piuttosto, ha innescato dibattiti pubblici prolungati e una maggiore visibilità per le iniziative di lotta al patriarcato. Questa nuova consapevolezza collettiva ha portato a un impegno più deciso nella lotta per l'uguaglianza di genere e contro la violenza sulle donne. Per questo, occorre ringraziare ogni singola persona scesa in piazza, occorre ringraziare la forza e la preparazione di Elena Cecchettin e di suo padre, le attiviste di Non Una di Meno, le giornaliste femministe che hanno lottato per dare spazio e voce autorevole a questi temi, e tutte le singole persone che si sono battute, lottando contro muri di indifferenza, per regalare consapevolezza sul nostro presente.




Il femminismo nel vocabolario comune: una svolta culturale


L'inclusione del termine "patriarcato" nel vocabolario comune è un segno distintivo del 2023. La diffusione di questo concetto nei media mainstream e la sua discussione in prima serata in TV rappresentano una svolta culturale significativa. Questa evoluzione del linguaggio riflette una crescente comprensione e accettazione delle questioni femministe nel discorso pubblico. La normalizzazione del dialogo sul femminismo e sui diritti delle donne è un passo importante verso un cambiamento più ampio nella società, che segna un movimento verso la parità di genere. Sono davvero curiosa di vedere come celebreremo l’8 marzo quest’anno. Mi auguro senza mimose puzzolenti, e con una rinnovata consapevolezza su questo fenomeno endemico.




Un anno di Giorgia Meloni, un anno di ancelle del patriarcato


Durante il primo anno di amministrazione di Giorgia Meloni, sono emerse numerose questioni che hanno stimolato la mobilitazione popolare. Tra questi, si evidenziano le manovre indirette contro il diritto all'aborto (a suon di “Non toccheremo la 194”), incluse le progressiva validazione di gruppi e movimenti contrari alla libera scelta. Parallelamente, si è osservato un uso strumentale della maternità surrogata per colpire le famiglie LGBTQIA+. In questo contesto, la Presidente del Consiglio ha ripetutamente cercato di affermarsi come paladina dei diritti femminili, facendo leva sulla sua vita personale e strumentalizzandola su riviste femminili (guarda l’intervista strategicamente uscita l’8 marzo su Grazia) puntando sulla presunta ignoranza delle donne nel riconoscere questa mossa (come avrebbe fatto un uomo di stampa patriarcale). Per fortuna i fatti hanno portato allo scoperto il suo ruolo di ancella del patriarcato: le misure pratiche adottate dal suo governo “a sostegno delle donne” si sono rivelate inadeguate o addirittura controproducenti. Una recente modifica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha comportato la riduzione di oltre 100.000 posti negli asili nido, mentre, con grande enfasi, il governo promuoveva le sue politiche a favore della natalità, presentandole come azioni per la parità di genere. La strategia del governo per combattere la violenza di genere si è concentrata unicamente sull'aggravamento delle pene, mentre i finanziamenti necessari per azioni mirate e per la prevenzione sono stati inseriti nella nuova legislazione grazie solamente a un emendamento presentato dall'opposizione.


Nonostante una certa apatia del governo rispetto alle problematiche di genere, si è mantenuta la promessa elettorale di Fratelli d'Italia di garantire la "completa attuazione della legge 194/78". Con l'aumento dell'influenza dei gruppi antiabortisti nelle istituzioni pubbliche e la prospettiva di una nuova normativa che obbligherebbe le donne che desiderano interrompere una gravidanza ad ascoltare il cosiddetto battito cardiaco fetale (nonostante sia comprovato scientificamente che quel “rumore” non sia un battito, in quanto nessun cuore è formato), il 2023 ha visto riacutizzarsi il dibattito sull'aborto e sui diritti riproduttivi, sempre più a rischio nel nostro paese, grazie anche al modello Ungheria tanto caro a Giorgia Meloni. Questo si è manifestato anche attraverso eventi come il dibattito sulla "culla per la vita" e il fallimento della proposta di rendere gratuita la contraccezione.




Ignazio La Russa, Beppe Grillo e Andrea Giambruno: i ragazzi sono ragazzi


Nel 2023, il problema più pressante che ha stimolato una maggiore consapevolezza sociale è stato quello relativo alla violenza di genere. Gli episodi riguardanti i figli di Ignazio La Russa e Beppe Grillo, rispettivamente indagato e imputato per violenza sessuale di gruppo, hanno evidenziato la complessa interconnessione tra potere e violenza. Le prese di posizione pubbliche dei due politici a difesa dei propri figli hanno suscitato indignazione, percepite come un segnale di impunità e come attacchi non troppo velati alla credibilità delle vittime. In seguito, le accuse di molestie rivolte all'ex partner di Giorgia Meloni, Andrea Giambruno, noto per le sue dichiarazioni controverse riguardo alla vittimizzazione secondaria nel suo programma televisivo, hanno aggiunto ulteriore tensione al clima di esasperazione già presente.




Giulia Tramontano e Giulia Cecchettin: lo sapevamo già


La furia collettiva è stata alimentata da due tragici episodi di femminicidio: quello di Giulia Tramontano, assassinata a maggio dal suo compagno Alessandro Impagnatiello durante la gravidanza del loro primo bambino, e quello di Giulia Cecchettin, uccisa dall'ex ragazzo Filippo Turetta. In entrambi gli eventi, le vittime erano state inizialmente considerate scomparse, i media continuavano a parlare di “fuga d’amore consenziente”, ma noi lo sapevamo già. Questi casi, che rappresentano solo una parte dei 103 femminicidi avvenuti nel 2023, hanno colpito profondamente l'opinione pubblica, mettendo in luce la crescente esasperazione derivante dalle continue notizie di violenza di genere.


Le toccanti dichiarazioni di Elena e Gino Cecchettin hanno catalizzato questa indignazione in azione concreta: più di 500mila persone hanno preso parte alla manifestazione del 25 novembre a Roma, un'affluenza senza precedenti per le mobilitazioni di Non Una Di Meno, a cui si aggiungono numerosi altri raduni in diverse città. La morte di Giulia Cecchettin è stata emblematica non per la sua unicità, ma per la sua triste ordinarietà e per lo sbeffo mediatico ricevuto prima ancora di avere certezza della sua morte. Tutto questo ha reso palese il fatto che il sistema patriarcale non è un'eccezione o un caso isolato, ma una realtà pervasiva che influisce su tutta la società.




Ripensare il tessuto sociale, sulle orme di Michela Murgia


È arduo prevedere se le intense vicende di quest'anno e l'attivismo scaturito porteranno a una trasformazione reale nel tessuto sociale del nostro Paese. La cronaca del femminismo è costellata sia da opportunità non colte, che da epoche in cui il regresso è divenuto impensabile. In quest'ultimo scorcio dell'anno, l'impressione prevalente è che ci troviamo di fronte a uno di questi periodi storici cruciali, e probabilmente il 2023 verrà ricordato come l'anno in cui non è stato più possibile ignorare certe realtà. Un anno, che il femminismo ricorderà anche, e soprattutto, per la perdita di Michela Murgia, illustre pensatrice del femminismo e rinomata scrittrice, che ci ha lasciato l'eredità di proseguire nel suo impegno.




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