In Europa vincono i diritti: un nuovo (attesissimo) capitolo per l'aborto libero e sicuro
- Baroni Sara
- 12 apr 2024
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 2 mag 2024
Il Parlamento in Europa dichiara l'aborto un diritto fondamentale, ma non tutti sono d'accordo

Le donne in Europa possono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Con una votazione storica, il Parlamento Europeo ha inserito l'aborto tra i diritti fondamentali dell'Unione, segnando una svolta decisiva nella battaglia per l'autonomia corporea e la salute riproduttiva. I numeri sono chiari: con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni, l'Europa dice sì al diritto delle donne di scegliere sul proprio corpo. Ma non è solo una questione di numeri. Questa decisione rappresenta un segnale forte contro la contrazione dei diritti riproduttivi in tutto il mondo, e offre un modello di progresso per le giovani donne che cercano di affermare la propria indipendenza.
Il nuovo testo dell'articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali afferma che "ognuno ha il diritto all'autonomia decisionale sul proprio corpo", il che include l'accesso all'aborto sicuro e legale. Ma non è stato un percorso facile. La mozione è arrivata dopo anni di lotte, con gruppi anti-aborto che hanno speso oltre 700 milioni di dollari in propaganda anti-gender e antiabortista. Questo passo avanti non riguarda solo il diritto di interrompere una gravidanza, ma riconosce che la libertà di scelta è un fondamento della democrazia. E se qualcuno pensa che questa sia una "questione da donne", è bene ricordare che il controllo sul corpo è una questione di diritti umani.
Il lato oscuro: i paesi europei che remano contro i diritti ad un aborto libero, sicuro e legale
Il Parlamento in Europa ha dichiarato quindi l'aborto un diritto fondamentale, ma non tutti sono d'accordo.
Nonostante la vittoria del Parlamento Europeo, ci sono ancora Paesi che resistono ferocemente all'aborto legale. Malta, Slovacchia e Polonia sono tra quelli che ancora limitano l'accesso all'aborto, e l'UE non è timida nel condannare questi comportamenti. Per le donne in questi Paesi, la mozione del Parlamento è un raggio di speranza, ma anche un campanello d'allarme: il diritto all'aborto non è mai garantito in modo definitivo.
Prendiamo il caso della Polonia, dove il governo precedente aveva quasi completamente abolito l'aborto, portando a proteste di massa e persino a tentativi disperati di cercare vie clandestine (e non sicure) per interrompere le gravidanze. Non parliamo solo di aborti volontari: le restrizioni hanno un impatto anche sugli aborti spontanei, sulla contraccezione e persino sulle cure per la fertilità. Se lo Stato vuole mettere bocca su questioni così intime, possiamo davvero dire che viviamo in una democrazia funzionante?
Negli ultimi anni, la destra e l'estrema destra hanno intensificato gli sforzi per limitare il diritto all'aborto. Hanno agito attraverso leggi restrittive e divieti evidenti, ma anche con tattiche più sottili, come il sostegno crescente ai gruppi antiabortisti e la normalizzazione delle loro posizioni all'interno delle istituzioni democratiche.
Chi è di Modena, come me, ricorderà bene “l’occupazione” di uno spazio sanitario laico con il movimento 40 Days for Life, davanti al Policlinico di Modena, con una veglia di preghiera lunga 40 giorni. 40 lunghissimi giorni in cui diverse donne che avevano scelto di interrompere una gravidanza si sono rivolte ad associazioni come Non una di meno per essere accompagnate all’interno della struttura senza subire, né molestie, né quelle che possono essere considerate intimidazioni alla loro libera scelta legale.
Queste strategie, così come il continuo inno di una certa Presidentessa a suon di: “Non toccheremo la 194”, rappresentano una chiara minaccia alla democrazia, perché negare il "diritto all'autonomia decisionale sul proprio corpo", come recita il nuovo testo dell'articolo 3, significa limitare la libertà di scelta delle donne. Al contrario, chi si oppone all'aborto impone una scelta univoca: portare avanti una gravidanza, anche quando non lo si desidera o non è sicuro farlo.
La recente decisione del Parlamento Europeo di riconoscere l'aborto come diritto fondamentale segna un passo avanti importante, offrendo una maggiore sicurezza per chi sceglie di interrompere una gravidanza. Questo cambiamento, però, non impedisce a chi è contrario all'aborto di mantenere le proprie opinioni. Chi è contrario all’aborto potrà, come è sempre stato, continuare a non abortire.
La vera sfida ora è garantire che questo diritto sia effettivamente rispettato in tutti i Paesi membri dell'Unione Europea senza pericolose minacce di pro-vita all’interno dei consultori o di intimidazioni e violenze psicologiche che la Meloni ha amorevolmente preso in prestito dal caro modello ungherese Orban, come l’introduzione obbligatoria all’ascolto del “battito del feto”. Termine volutamente fuorviante in quanto i feti non hanno ancora un cuore funzionante ma solo gruppi di cellule che inviano segnali elettrici.
Il suono del “battito cardiaco” è generato dal monitor a ultrasuoni per rappresentare impulsi elettrici e quindi non è un suono di valvole cardiache. Anche per questo l'Acog, (American College for obstetricians and gynecologists), riferimento mondiale dei ginecologi, ha più volte ribadito che il termine “battito cardiaco del feto” non è accurato dal punto di vista medico.Per fortuna, però, come riportato da Jennifer Guerra su fanpage: “Con questa mozione, il Parlamento europeo ha dimostrato che in Europa non c’è spazio per chi si oppone ai diritti delle donne, mascherando i propri reali intenti con la “tutela della vita”. La vita che va tutelata è quella delle 384 milioni di donne (a cui vanno aggiunte anche le persone trans e non binarie) che vivono in Europa in questo momento e che hanno bisogno di una salute sessuale e riproduttiva all’altezza dei loro diritti”.
La rivoluzione delle giovani femministe
La decisione del Parlamento Europeo apre la strada a un nuovo modo di pensare i diritti delle donne, ed è proprio tra le giovani generazioni che questo cambiamento sta prendendo piede. In un'epoca in cui i social media possono influenzare le opinioni di milioni di persone, il dibattito sull'aborto è più attuale che mai. Ecco perché è importante che le giovani donne non solo siano consapevoli dei propri diritti, ma che li difendano con forza.
Se pensi che il femminismo sia una cosa del passato, ti sbagli di grosso: è una rivoluzione in pieno corso, e ogni donna può contribuire a riflettere questi valori con le proprie scelte, il proprio lavoro, e la propria missione di brand.
Certo, come dice Jennifer Guerra nell’omonimo libro: “Il femminismo non è un brand”. Non può essere una spilla onoraria (e fittizia) da utilizzare per brillare sui social, ma può essere l’essenza del nostro modo di pensare, di vivere, e di agire: creando business sostenibili che lottino, grazie al proprio impatto mediatico ed economico, per il sostegno di una grande causa.
Gli uomini hanno sempre usato soldi e potere per fare politica. Perché, oggi più che mai, la politica è dettata dall’economia, e non il contrario. Ecco allora che agire nel concreto diventa uno dei modi che abbiamo di lottare per i nostri diritti.
Questa scelta manda un chiaro messaggio contro il restringimento dei diritti riproduttivi a livello globale e diventa un esempio di progresso per le giovani donne che aspirano ad affermare la propria indipendenza.
La strada è lunga, ma la direzione è chiara
Nonostante le vittorie recenti, il percorso verso una piena parità di diritti per le donne è ancora lungo. La mozione del Parlamento Europeo è un passo avanti significativo, ma c'è ancora molto da fare per garantire che tutte le donne in Europa abbiano accesso a servizi di salute sessuale e riproduttiva senza discriminazioni. I Paesi che resistono devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni, e l'Unione europea deve rimanere vigile per assicurare che i diritti delle donne non siano messi in discussione.
Non si tratta infatti solo di leggi e politiche, ma di una rivoluzione culturale che coinvolge ogni persona. Ogni volta che ci alziamo in piedi per difendere i nostri diritti, ogni volta che condividiamo una storia sui social media utilizzando una narrazione femminista, potente e corretta, ogni volta che votiamo per politici che sostengono l'autonomia corporea, stiamo contribuendo a creare un'Europa in cui le donne possono davvero essere libere di scegliere.
Se vuoi capire meglio il fenomeno del femminismo utilizzato come brand dalle grandi industrie in maniera dannosa, ti consiglio il nuovo libro di Jennifer Guerra "Il femminismo non è un brand". Comprendere questo fenomeno odierno ti permetterà di creare un brand high ticket e femminista che rifletta i tuoi valori in modo corretto e positivo per tutte noi.
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